Lettera aperta a Draghi

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LETTERA DI UNA COLLEGA SALERNITANA A DRAGHI :in risposta alla sua affermazione populista del recupero del “tempo perso” in DAD“Gentile signor Draghi,Sono un’insegnante di Italiano e Latino, nel liceo classico di una cittadina della provincia salernitana. Ho capito che, se perfino Lei, neanche arrivato a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio, sente il bisogno di dire la sua sulla scuola, allora veramente non abbiamo alcuna possibilità di sopravvivenza.La scuola pubblica, nell’ultimo anno, ha compiuto un “salto” in avanti di almeno vent’anni, rendendo possibile e concreto quello che sembrava futuristico, fantascientifico.Collegi e Consigli online, video/ audiolezioni in chat, compiti caricati su piattaforme dedicate… Una rivoluzione copernicana, a costo quasi zero

Dico “quasi”, perché un prezzo c’era, e quello più alto lo hanno pagato gli insegnanti, gli studenti e le loro famiglie.Gli insegnanti, soprattutto.Difatti, con uno sforzo silenzioso, con umiltà, con coraggio, si sono rimboccati le maniche, e hanno inventato e realizzato – molto prima delle fumose linee-guida emanate dal ministero – una nuova modalità di “fare scuola”, mossi solo dal desiderio di non abbandonare i propri studenti, di conservare con loro la relazione personale, e soprattutto di preservare il progetto educativo con cui accompagnarli nella loro crescita culturale. E nel contempo di continuare a guadagnarsi con onestà il loro “congruo” stipendio. E mentre gli insegnanti (sempre loro, questi sfaticati!) si arrovellavano per cercare di non perdere uno solo dei loro allievi, sa cosa si scopriva ? Che l’ora di lezione, benché “ridotta” di un quarto d’ora (in ossequio alle norme di tutela della salute), rendeva almeno il doppio dell’ora canonica di 60 minuti. Eh sì, caro signor Draghi! La didattica a distanza ha giocoforza allontanato da sé tutti quegli eventi che ogni giorno, ogni santo giorno, invadevano le lezioni, “prelevando” i ragazzi, che venivano invitati a seguire conferenze su temi culturali, politici, sociali, a offrirsi come pubblico alla presentazione di volumi, ad assistere alle kermesses delle mille università che si mettevano in vetrina. I nostri ragazzi, merce da scambiare per ossequiare il politico, lo scrittore, lo scienziato di turno, in barba ai loro interessi, alle loro scelte. E così finalmente la scuola, da circa un ventennio venduta alla pseudo-politica del territorio, si è ripresa sé stessa! C’era veramente bisogno di un virus venuto da lontano? C’era veramente bisogno di 90.000 morti e non so più quanti ammalati e quanto dolore, per capire che una svolta era indispensabile e soprattutto possibile? L’amarezza più grande, oggi, è leggere quanto ha sostenuto a proposito del “recupero” del tempo perso in dad. La frustrazione più bruciante è capire che anche lei, nonostante i suoi titoli, il suo curriculum, è caduto nella trappola di dire la sua, senza interpellare chi nella scuola vive, opera, soffre quotidianamente. E soprattutto gioisce: per la bellezza, per la creatività, per l’empatia, per l’eterna giovinezza di un mestiere meraviglioso, nonostante tutto. Nonostante Lei.

Cordialmente, Nunzia Pendino

Tutti decidono come se il personale scolastico non esistesse….!! Eppure ,quando occoŕre come in questa pandemia, senza che nessuno indicasse il da farsi, i docenti in particolare si sono prodigati in tutto e per tutto!!! .. Pensassero di ridurre il numero degli alunni per classe, dare strutture più adeguate e non essere costretti a misurare il centrimeto per fate entrare i banchi, nominare per tempo debigo gli insegnanti e non ad anno iniziato e così via….!!! Dare un tempo di qualità e non di quantità!!!

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Pietà per la nazione

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Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore

e i cui pastori sono guide cattive.

Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi,

i cui saggi sono messi a tacere.

Pietà per la nazione che non alza la propria voce

tranne che per lodare i conquistatori

e acclamare i prepotenti come eroi

e che aspira a comandare il mondo

con la forza e la tortura.

Pietà per la nazione che non conosce

nessun’altra lingua se non la propria,

nessun’altra cultura se non la propria.

Pietà per la nazione il cui fiato è danaro

e che dorme il sonno di quelli

con la pancia troppo piena.

Pietà per la nazione – oh, pietà per gli uomini

che permettono che i propri diritti vengano erosi

e le proprie libertà spazzate via

Patria mia, lacrime di te dolce terra di libertà.

(Khalil Gibran)

17 Marzo 1861: Unità d’Italia. Le verità nascoste e insabbiate

 

 

Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II

Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II

17 Marzo 1861: Unità d’Italia. Il giorno che secondo l’epopea risorgimentale ha liberato la penisola italica, e in special modo il Meridione, dallo straniero invasore ed oppressore per dare vita a un Regno libero, guidato dal piemontese Re “galantuomo” Vittorio Emanuele II. Formato grazie alle abilità politiche del conte di Cavour e a quelle militari dell’eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi,l’uomo che a capo di mille uomini e 3 cannoni riuscì a sbarcare in Sicilia e da lì fece capitolare strada facendo, e nel giro di pochi mesi, il Regno delle Due Sicilie con il suo esercito di 30.000 effettivi: un’autentica impresa, come c’è l’hanno raccontata i libri scolastici,  però ora a distanza di anni e con la consapevolezza di nuove verità  ……. è necessario  integrare a quello che ci hanno fatto credere una storia con più esatte informazioni.

Il Regno delle Due Sicilie, lungi dall’essere una nazione arretrata e governata dallo straniero, era uno Stato legittimo, sovrano e indipendente sin dal 1734-35, quando era ancora diviso nelle due corone di Napoli e Sicilia. Con i Borbone, il Sud divenne insieme all’Inghilterra e alla Francia il Paese più florido d’Europa, la meta finale e più preziosa del Gran Tour che fece dire a Stendhal nel 1817: In Europa ci sono due capitali: Parigi e Napoli”.

Le Due Sicilie vantavano vari primati, tra cui la costruzione della prima ferrovia italiana, la prima illuminazione a gas in una città italiana, il primo ponte sospeso in ferro in Italia, la prima fabbrica di locomotive e materiale ferroviario d’Italia, la prima Nazione a effettuare la raccolta differenziata e a costruire edifici antisismici, il primo osservatorio astronomico italiano.

I Borbone, inoltre, costruirono il più antico teatro operistico del mondo ancora attivo (il Real Teatro di San Carlo), la Reggia di Caserta, quelle di Portici e di Carditello, portarono alla luce gli Scavi Archeologici di Ercolano e Pompei, fondarono il conservatorio di San Pietro a Majella, l’Albergo dei Poveri, la Fabbrica di Capodimonte per le porcellane, le prime cattedre di astronomia ed economia, e… dopo aver terminato questo articolo, continuate a leggere qui.

Si capisce che una nazione, vantando così tanti orgogli, opere del genio del suo popolo e dei governi che le incoraggiavano, non potesse essere così arretrata come oggi comunemente si pensa. Il Regno delle Due Sicilie non era certo un paradiso, anzi era ben lontano dall’esserlo, tuttavia c’è da dire che le altre nazioni europee non se la passavano meglio. Il problema risiede nel fatto che si giudica con i parametri di oggi uno stato caduto nel 1861, non tenendo a mente che molte delle problematiche dell’allora regno borbonico erano presenti altresì in altri Paesi europei. Basti pensare a Charles Dickens e alle sue descrizioni delle impietose condizioni in cui versava la popolazione inglese nell’Ottocento.

 

Il reame savoiardo decise di invadere, senza dichiarazione di guerra, il Regno di Francesco II. Cugino di Vittorio Emanuele II il giovane re Borbone era appena salito al trono, prima di quanto fosse previsto, per la morte prematura di Ferdinando II suo padre. Vittorio Emanuele II fece passare come “autonoma” dalla politica sabauda la spedizione dei mille, mentre giurava amicizia a “Francischiello” e condannava le operazioni di Garibaldi.  

Nel frattempo venivano corrotti i generali ed alti ufficiali dell’esercito duosiciliano, i quali ordinavano ai propri soldati di arrendersi: ad esempio, circa 3000 soldati si ritirarono su ordine del generale Landi dopo aver quasi respinto gli uomini di Garibaldi, mentre in Calabria 10.000 uomini alzarono bandiera bianca senza sparare un solo colpo. Solo il popolo e i semplici soldati dimostrarono lealtà al legittimo re, sacrificando spesso la propria vita.

Garibaldi, arrivato nella capitale Napoli fu accolto dal prefetto Liborio Romano che mise a capo della polizia il camorrista Salvatore De Crescenzo, detto “Tore ‘e Crescienzo”, a cui fu affidato con i suoi uomini di mantenere l’ordine pubblico e supervisionare il plebiscito di annessione. La camorra, da fenomeno già esistente prima del 1861, di cui si servirono anche i sovrani borbonici per tenere sotto controllo le zone malfamate di Napoli, cominciò a quel punto il suo percorso di “istituzionalizzazione” e infiltrazione nei poteri di governo.

L’appoggio della malavita tuttavia l’eroe dei due mondi lo ebbe sin dall’inizio, quando in Sicilia si alleò con i “picciotti”. Lo stesso discorso fatto sulla camorra vale infatti anche per la mafia: i “mafiosi” altro non erano, infatti, che le guardie armate a difesa dei latifondi, ossia dei possedimenti dei proprietari terrieri. La stessa parola mafia, secondo Vincenzo Mortillaro nel suo Nuovo dizionario siciliano-italiano è una “Voce piemontese introdotta nel resto d’Italia ch’equivale a camorra”.

Giuseppe Garibaldi, successivamente, si pentì amaramente di aver fatto la campagna meridionale, rinnegando l’Unità d’Italia.

Perché invadere il Regno delle Due Sicilie? Non esistono adeguati fonti per spiegare le motivazioni di quanto avvenuto, ma soltanto delle supposizioni. Di certo il processo di unificazione non fu un movimento popolare, ma soltanto elitario, tanto che Massimo D’Azeglio ebbe a dire il celebre motto: “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”.

Secondo le più comuni tesi del revisionismo del Risorgimento, l’unità italia fu dettata da motivazioni di tipo economico. Il Regno di Sardegna era allora gravato da un enorme debito pubblico: le numerose guerre intraprese nei decenni precedenti avevano portato, infatti, il Regno di Sardegna sull’orlo del fallimento. Nel Mezzogiorno invece l’economia era diversificata e sotto controllo, un lungo periodo di pace aveva favorito la stabilità economica. Il solo Regno delle Due Sicilie possedeva, nel 1860, una quantità di oro pari al doppio dell’oro di tutti gli altri stati della penisola italiana messi insieme, 60 volte superiore a quello dei Savoia.

La Storia stravolta e nascosta non termina qui però, perché c’è il capitolo degli stermini. Con l’invasione savoiarda le città meridionali eccidiate furono più di 100, in cui persero la vita migliaia e migliaia di civili compresi bambini e donnele quali furono prima stuprate: tra le stragi più efferate ci sono quelle che furono condotte a Bronte, MontefalcionePontelandolfo e Casalduni. Gli inglesi, nemici delle Due Sicilie che appoggiarono la campagna sabaudo-garibaldina, rimproverano l’eccessiva ferocia degli invasori.
I soldati dell’ex esercito duosiciliano che oggi sarebbero definiti “partigiani”, furono allora etichettati come “briganti”, fuorilegge da mettere a morte e con i cui corpi senza vita e le teste mozzate si fecero fotografare i carabinieri e i bersaglieri. I fautori dei massacri, quali Cialdini e Nino Bixio (conosciuto come “la belva” tra i contadini del Mezzogiorno) furono autori di crimini contro l’umanità che lo Stato Italiano ha eletto a eroi e Padri della Patria. Oggi, a oltre 150 anni di distanza, si sta cambiando nome alle strade intitolate al generale Cialdini, e non solo nel Meridione: Mestre, infatti, fu uno dei primi comuni ad approvare una delibera che cambiava nome a una piazza a egli intitolata.

Dall’unificazione in poi ebbe inizio il declino sociale ed economico del Mezzogiorno: Sicilia, Calabria e Puglia erano le prime 3 regioni della penisola per numero di operai nel 1860, oggi sappiamo in che condizioni si trovano. Nacque la questione meridionale per risolvere la questione settentrionale.
“Quando fu fatta l’unità d’Italia ,in Sicilia avevamo 8000 telai, producevamo stoffa. Nel giro di due anni non avevamo più un telaio. Funzionavano solo quelli di Biella. E noi importavamo la stoffa. E ancora oggi è così”. Così si è espresso Andrea Camilleri in un articolo apparso su L’Unità del 21 gennaio 2008.

Queste sono le parole Fëdor Michajlovič Dostoevskij sull’appena nato Regno d’Italia: “Per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, […] un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!”.Ecco un ritratto allora diverso dell’Unità d’Italia, un ritratto che porta alla mente quello letterario di Dorian Gray, opera di Oscar Wilde, il cui viso dipinto riporta i segni di tutte le brutture e le corruzioni e che il suo proprietario nasconde così sotto un telo, per non renderlo visibile: come Dorian Gray, anche l’Italia deve finalmente squarciare un quadro fatto di menzogne. Solo rendendo giustizia alla Storia si può guardare avanti, solo riconoscendo gli errori del passato si può superare la rivalità tra Nord e Sud. Un Sud che merita, e deve pretendere, un risarcimento soprattutto morale e il riconoscimento di quanto abbia perso grazie a un’Unità d’Italia fatta male. L’unificazione forse sarebbe avvenuta lo stesso, sorretta dalla volontà popolare e non fondata su violenza e soprusi.

Non c’è niente da fare, Alexis de Tocqueville diceva che la storia è una galleria di quadri dove ci sono pochi originali e molte copie, in un certo senso vale a dire che la storia si ripete (N. Machiavelli).

VERGOGNA! – Questa è la vera storia d’Italia

Giancarlo Padula

85.000 persone uccise nel Meridione, 500.000 arrestate, molti delle quali deportate nei lager sabaudi a Finestrelle, località a 2000 metri in Piemonte, dove i prigionieri venivano sciolti nella calce viva; 62 paesi distrutti e incendiati. Tutti gli ordini religiosi soppressi da una legge dello Stato. Persecuzioni ai cristiani.
Questo è stato il Risorgimento italiano.
E’ bene finalmente sapere che il Risorgimento è stata un’invenzione a tavolino della massoneria internazionale e che i veri eroi dell’Italia non sono stati i vari Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Cavour, ma, se di eroi si deve parlare, questi furono gli insorgenti del Sud, invaso dalla orde massoniche dello stato sabaudo. Una vicenda taciuta, offuscata e manipolata, di cui ancora l’Italia paga durissime conseguenze.

Lo sapevate che Garibaldi si lasciò crescere i capelli perchè in Sud America violentò una ragazza che gli mozzò un orecchio con un morso?
Il tricolore era il simbolo della massoneria emiliana?
Tra i primi lager della storia ci sono quelli italiani?
Il trombettiere del generale Custer nella sconfitta di Little Big Horn
era un emigrato di Salerno?

In Italia è nato il gravissimo fenomeno dell’emigrazione. Una storia taciuta, insabbiata, distorta. In questa nostra società distratta e superficiale, assonnata o frastornante banalità, affollata da una miriade di mezzi di informazione e comunicazione che bombardano ogni giorno i nostri cervelli, questo è un libro che vuol far riflettere. Un giornalista autentico non si da pace finchè la verità non viene a galla. Il giornalista deve essere, sempre senza compromessi per la verità.
Costi quello che costi. Negli anni dell’Unità, i mezzi di comunicazione erano pochissimi e tutti manipolati dal potere, da un nuovo piccolo stato indebitato fino al collo è che ha voluto fare l’Italia con la forza.

La maggior parte degli Italiani non lo sa!

Travelers - Surreal sculptures by Bruno Catalano

L’elogio ipocrita dell’immigrazione da parte dell’élite neofeudale e dei suoi oratores della sinistra del costume non si spiega unicamente in ragione dell’«esercito industriale di riserva» (Marx) che i migranti vanno a costituire, abbassando i costi della forza lavoro e accrescendone la debolezza. I migranti sono per il capitale gli schiavi ideali: ricattabili, senza coscienza di classe, disposti a tutto pur di sopravvivere. Accanto a questo motivo, e a esso connesso, ve ne è un altro. l nuovo profilo antropologico coessenziale al tempo della precarietà a tempo indeterminato corrisponde a quello dell’uomo senza identità e senza radici; il quale è, al tempo stesso, homo migrans deterritorializzato, apolide e sradicato, sempre pronto, valigia alla mano, a spostarsi seguendo i processi della delocalizzazione e della volatilizzazione dei capitali. In virtù del fatto che, nel regime della precarietà assoluta del finanz-capitalismo, ogni progetto e ogni legame risultano a tempo determinato, il soggetto deve sapersi distaccare disinvoltamente da tutto, abbandonando non solo l’ideale della stabilità lavorativa e affettiva e, più in generale, la sfera dell’«eticità» (Sittlichkeit) di hegeliana memoria. Deve anche, in pari tempo, affrancarsi da ogni radicamento territoriale, mantenendosi pronto a improvvise migrazioni e all’inseguimento, al di là dei mari e dei confini, delle cosiddette “sfide della globalizzazione”. In altri termini, è chiamato a congedarsi da ogni idea di territorialità e di patria, ma poi anche di casa fissa e di stabile “focolare domestico”: e, dunque, ad aderire al “cattivo universalismo” della mondializzazione come sradicamento obbligato, che riduce gli esseri umani a enti neutri e disponibili su scala planetaria, ad atomi erogatori intermittenti di forza lavoro fisica e neuronale. È sotto questo profilo che emerge il nesso simbiotico che lega la flessibilizzazione delle masse e il nuovo paradigma antropologico dell’homo migrans, con annesse celebrazioni entusiastiche e altamente ideologiche della flessibilità e della migrazione come stili di vita contraddistinti dall’indipendenza e dalla varietà e contrapposti alla precedente eticità stabilizzata borghese e proletaria. Diciamolo senza perifrasi: il capitale non mira a integrare i migranti. Aspira, invece, a disintegrare i non-ancora-migranti, affinché anche questi ultimi si adattino allo stile di vita apolide e nomade, senza fissa dimora e senza radicamento tipico dei primi.Diego Fusaro

 

Grande……. Grandissimo CELENTANO! 24 mila BACI solo per te!

Bomba pazzesca! A difendere Virginia Raggi da tutti questi attacchi meschini, si è scomodato perfino il grande Celentano che ha proprio massacrato i partiti che oggi l’attacco e ha dato elogio alla sindaca! Assolutamente da leggere e condividere, fantastico!

Celentano difende Raggi: “I partiti la temono perché pensano che farà un miracolo a Roma”

“Tra un po’ si andrà a votare e io sono preoccupato”. Esordisce così Adriano Celentano sul suo blog, con uno sfogo politico che va dall’endorsement alla sindaca di Roma, Virginia Raggi al caso di Ester Pasqualoni, l’oncologa accoltellata a morte davanti all’ospedale Val Vibrata di Sant’Omero, in provincia di Teramo, da uno stalker che da tempo la perseguitava. Il molleggiato traccia un quadro generale della politica “allo sbando”. Non a caso il titolo del suo intervento sul blog è proprio ‘Sbando’.

“I partiti hanno smarrito la strada – scrive Celentano – Non sanno dove prendere i voti. Le banche si fanno prestare i soldi dai piccoli risparmiatori e poi non glieli restituiscono più. Gli arrampicatori pretendono che Virginia Raggi, in quattro e quattr’otto, risollevi Roma dalle macerie prodotte dai governi precedenti. O forse, è proprio quello che temono: che sia lei, l’unica in grado di realizzare il miracolo. Fatto sta che il mondo politico è allo sbando, e forse qualche sbandamento l’ha avuto anche il capo della polizia visto che ha dichiarato che l’orribile delitto ai danni dell’oncologa rappresenta una vera e propria sconfitta per le istituzioni. La povera Ester viveva in uno stato di angoscia insostenibile, perseguitata da mesi giorno e notte, a niente sono servite le continue denunce alle forze dell’ordine sistematicamente archiviate perché ‘purtroppo’ la donna era ancora ‘viva’”.

“Ma ora che lei non c’è più – prosegue il cantante – finalmente la polizia potrà muoversi senza alcun indugio in modo seriamente determinante. Mi domando se l’evidente sconquasso della politica non sia dovuto al fatto che i governi, una volta raggiunto il ‘potere sognato’, non pensino altro che alla loro vanagloria anziché dare la priorità all’unica cosa davvero essenziale. La certezza della pena. A cosa serve la crescita, il posto assicurato se poi, finita la giornata lavorativa, esci e ti uccidono? E a cosa serve il posto di lavoro se poi gli stessi lavoratori (in tutti i settori) non eseguono con coscienza il loro lavoro? Non è l’articolo 18 che difende i lavoratori. Semmai è proprio il ’18’ a creare una vera e propria schiera di scellerati. Perché i tanto vituperati padroni dovrebbero licenziare qualcuno se questo qualcuno fa il proprio dovere con coscienza? Non è vero che l’esempio viene dall’alto. L’esempio, quello vero, in grado di correggere anche quelli in alto, viene dal basso”, conclude Celentano.      

https://www.facebook.com/Studentiaifornelli/videos/1546742252082319/

 

Fonte: http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2017/06/23/politica-celentano-sul-blog-tra-difesa-raggi-caso-oncologa-teramo_ZKlj7l1d6h8fkygPuB1CfO.html

http://direttanfo.blogspot.it/2017/06/celentano-difende-raggi-i-partiti-la.html

Quale lezione di etica nell’antica civiltà romana

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La prima domenica del mese  ,com’è  noto, l’ ingresso in  tutti i musei statali è libero  , anch’io a Giugno sono stata al museo Archeologico di Napoli, vicino casa mia.   Conosco il Museo  come la mia casa  ,   ci andavo da ragazzina ai tempi del Liceo  ,( il mio insegnante di figura-disegnata  Rossomando , valente pittore del ” 900″  mi imponeva  esercizi grafici  ripetitivi con l’applicazione del chiaro-scuro di  statue greche e romane),fino alla nausea. Eppure , ogni volta che ci ritorno,  scopro con mia grande sorpresa,  cose nuove , di grande attualità e l’ emozione  mi prende come se fosse sempre la prima volta .Di recente hanno aperto una nuova sezione sui reperti archeologici di Pompei  , e qui , questa volta si è manifestata tutta la mia meraviglia  :  a partire dalle leggi scritte su lastre di bronzo ; figure scolpite su stele di pietra che ricordano il guerriero di Capestrano ;utensili domestici in vernice nera ( sembrano opere etrusche) e tante altre meravigliose cose ,  ma la cosa che mi ha sorpreso di più questa volta,  sono stati i grandi affreschi murari propagandistici,  con scritte di nomi e meriti dei candidati  eletti alle cariche pubbliche amministrative  Grazie a questa visita ho scoperto  tutto quanto segue …….

A Pompei , come in ogni altra città del mondo romano , il momento più importante della vita pubblica era rappresentato dell’elezione annuale dei magistrati municipali, i duoviri e gli aedilies. La propaganda dei candidati avveniva con “manifesti elettorali” ( programmata) dipinti sulle pareti esterne degli edifici, in cui non era il candidato a chiedere il voto ma i suoi sostenitori ( rogatores)100_7595

100_7596Questi manifesti erano dipinti a lettere capitali con il minio rosso o nero su un leggero strato di intonaco umido o su una velatura di calce diluita. Erano ovviamente preferiti gli edifici collocati nelle strade principali o nelle zone più frequentate. A scrivere erano professionisti, gli scriptores, che durante l’anno si guadagnavano da vivere dipingendo anche altri manifesti  di altro genere, annunci di feste, e spettacoli, vendite e locazioni. Essi operavano ad lunam , di notte, da soli o più spesso in piccole squadre, con precisa divisione dei compiti .Particolare cura era la messa nel tracciare il nome de candidato a lettere più grandi.

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Immediato è stato il mio confronto con l’attuale situazione del sistema elettorale , che in questi giorni viene discusso in Parlamento  . Una legge proposta da abusivi nominati, colpevoli del peggio che si possa immaginare,  che giocano ai bussolotti per esprimere quello che dovrebbe semplicemente garantire la possibilità ai cittadini di esprimersi, ma che in realtà è la ricerca furbesca della formula tecnica migliore per prevalere sugli altri.

Vitalizi , poniamo fine a questo scandalo!

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Firmate la petizione

 https://www.change.org/p/grasso-e-boldrini-vitalizi-poniamo-fine-al-privilegio?recruiter=59432297&utm_source=share_petition&utm_medium=twitter&utm_campaign=share_twitter_responsiverma

Quello dei vitalizi è uno dei più grandi scandali della Repubblica. Per gli sfacciati privilegi che i parlamentari si sono dati, per lo spreco di risorse che hanno comportato e comporteranno, per il peso che continueranno ad avere sui bilanci di Camera e Senato, dunque sulle finanze pubbliche.

C’è un esercito di oltre duemila ex deputati e senatori che gode di questi ingiustificati trattamenti. In base ai quali persino chi non ha mai messo piede in Parlamento o ha partecipato a pochissime sedute delle Camere riscuote assegni di circa 2.000 euro netti mensili. Magari sommandoli ad altri vitalizi delle Regioni o del Parlamento europeo, oppure a trattamenti pensionistici maturati per le attività lavorative svolte. Per non parlare dei parlamentari eletti per più legislature, che arrivano ad incassare anche oltre 10 mila euro netti mensili. Cifre che i comuni cittadini neanche si sognano.

Per modificare il trattamento previdenziale degli ex parlamentari e rimuovere questo scandalo, non servono né leggi né complesse riforme costituzionali. Basta un semplice cambiamento ai regolamenti interni sui vitalizi varati dagli Uffici di presidenza di Camera e Senato. Esattamente come uno dei tanti fatti nel corso del tempo ai primi regolamenti approvati negli anni Cinquanta. E che, progressivamente, hanno determinato le distorsioni e le posizioni di favore che conosciamo per onorevoli e senatori. Ed è proprio agli Uffici di presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama che questa proposta-appello si rivolge. Affinché, attraverso un nuovo regolamento, eliminino definitivamente e una volta per tutte le ingiustificate posizioni di rendita maturate dagli ex parlamentari prima della riforma del 2012 e quelle che, anche dopo quest’ultimo intervento, sono rimaste praticamente inalterate.

Ecco cosa proponiamo.
1) Ricalcolare tutti i vitalizi attualmente in essere con il sistema contributivo in vigore a Montecitorio e Palazzo Madama dal 2012. E che prevede, in sostanza, un ammontare di circa 200 euro lordi al mese per ciascun anno di mandato parlamentare.

2) Elevare il limite d’età per la percezione dell’assegno previdenziale allo stesso livello previsto dalla legge Fornero per i comuni lavoratori.

3) Introdurre un tetto massimo al vitalizio di 5.000 euro lordi al mese. Anche per coloro che, avendo rivestito cariche in diverse assemblee elettive (Parlamento nazionale, Parlamento europeo e Consigli regionali), percepiscono o percepiranno, in base alle regole attualmente vigenti, più assegni previdenziali.

4) Analogo tetto deve valere anche per tutti coloro che godono o godranno di un trattamento previdenziale frutto dei contributi versati nel corso della propria carriera professionale: se la pensione maturata attraverso l’attività lavorativa privata è pari o superiore a 5.000 euro lordi al mese, l’ex parlamentare non avrà diritto al vitalizio erogato dall’organo elettivo nel quale ha svolto il mandato, ma solo al rimborso dei contributi versati.

Lettera del sindaco De Magistris a Saviano

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Caro Saviano, mi occupo di mafie, criminalità organizzata e corruzione da circa 25 anni, inizialmente come pubblico ministero in prima linea, oggi da sindaco di Napoli. Ed ho pagato prezzi alti, altissimi. Non faccio più il magistrato per aver contrastato mafie e corruzioni fino ai vertici dello Stato. Non ti ho visto al nostro fianco. Caro Saviano, ogni volta che a Napoli succede un fatto di cronaca nera, più o meno grave, arriva, come un orologio, il tuo verbo, il tuo pensiero, la tua invettiva: a Napoli nulla cambia, sempre inferno e nulla più. Sembra quasi che tu non aspetti altro che il fatto di cronaca nera per godere delle tue verità. Più si spara, più cresce la tua impresa. Opinioni legittime, ma non posso credere che il tuo successo cresca con gli spari della camorra. Se utilizzassi le tue categorie mentali dovrei pensare che tu auspichi l’invincibilità della camorra per non perdere il ruolo che ti hanno e ti sei costruito. E probabilmente non accumulare tanti denari. Ed allora, caro Saviano, mi chiedo: premesso che a Napoli i problemi sono ancora tanti, nonostante i numerosi risultati raggiunti senza soldi e contro il Sistema, come fai a non sapere, a non renderti conto di quanto sia cambiata Napoli ? Ce lo dicono in tantissimi. Tutti riconoscono quanto stia cambiando la Città. Napoli ricca di umanità, di vitalità, di cultura, di turisti come mai nella sua storia, di commercio, di creatività, di movimenti giovanili, di processi di liberazione quotidiani. Prima città in Italia per crescita culturale e turistica. Napoli che ha rotto il rapporto tra mafia e politica. Napoli dei beni comuni. Napoli del riscatto morale con i fatti. Napoli autonoma. Napoli che rompe il sistema di rifiuti ed ecomafie. E potrei continuare. Caro Saviano, come fai a non sapere, come fai a non conoscere tutto questo ? Allora Saviano non sa i fatti, non conosce Napoli e i napoletani, allora Saviano è ignorante, nel senso che ignora i fatti, letteralmente: mancata conoscenza dei fatti. Non credo a questo. Sei stato da tanto tempo stimolato ad informarti, a conoscere, ad apprendere, a venire a Napoli. Saviano non puoi non sapere. Non è credibile che tu non abbia avuto contezza del cambiamento. La verità è che non vuoi raccontarlo. Ed allora Saviano è in malafede ? Fa politica ? È un avversario politico ? Non ci credo, non ci voglio credere, non ne vedrei un motivo plausibile. Ed allora, caro Saviano, vuoi vedere che sei nulla di più che un personaggio divenuto suscettibile di valutazione economica e commerciale? Un brand che tira se tira una certa narrazione. Vuoi vedere che Saviano è, alla fin fine, un grande produttore economico? Se Napoli e i napoletani cambiano la storia, la pseudo-storia di Saviano perde di valore economico. Vuoi vedere, caro Saviano, che ti stai costruendo un impero sulla pelle di Napoli e dei napoletani ? Stai facendo ricchezza sulle nostre fatiche, sulle nostre sofferenze, sulle nostre lotte. Che tristezza. Non voglio crederci. Voglio ancora pensare che, in fondo, non conosci Napoli, forse non l’hai mai conosciuta, mi sembra evidente che non la ami. La giudichi, la detesti tanto, ma davvero non la conosci. Un intellettuale vero ed onesto conosce, apprende, studia, prima di parlare e di scrivere. Ed allora, caro Saviano, vivila una volta per tutte Napoli, non avere paura. Abbi coraggio. Mescolati nei vicoli insieme alla gente, come cantava Pino Daniele. Nella mia vita mi sono ispirato al magistrato Paolo Borsellino al quale chiesero perché fosse rimasto a Palermo, ed egli pur sapendo di essere in pericolo rispose che Palermo non gli piaceva e per questo era rimasto, per cambiarla. Chi davvero – e non a chiacchiere – lotta contro mafie e corruzione viene dal Sistema fatto fuori professionalmente ed in alcuni casi anche fisicamente. Caro Saviano tu sei un caso all’incontrario. Più racconti che la camorra è invincibile e che Napoli è senza speranza e più hai successo e acquisisci ricchezza. Caro Saviano ti devi rassegnare: Napoli è cambiata, fortissimo è l’orgoglio partenopeo. La voglia di riscatto contagia ormai quasi tutti. Caro Saviano non speculare più sulla nostra pelle. Sporcati le mani di fatica vera. Vieni qui, mischiati insieme a noi. Ai tanti napoletani che ogni giorno lottano per cambiare, che soffrono, che sono minacciati, che muoiono, che sperano, che sorridono anche. Caro Saviano, cerca il contatto umano, immergiti tra la folla immensa, trova il gusto di sorridere, saggia le emozioni profonde di questa città. Saviano pensala come vuoi, le tue idee contrarie saranno sempre legittime e le racconteremo, ma per noi non sei il depositario della verità. Ma solo una voce come altre, nulla più. E credimi, preferisco di gran lunga le opinioni dei nostri concittadini che ogni giorno mi criticano anche, ma vivono e amano la nostra amata Napoli. Ciao Saviano, senza rancore, ma con infinita passione ed infinito amore per la città in cui ho scelto di vivere e lottare.

Dopo il referendum , colpo di stato in atto

 

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“C’è un colpo di Stato in atto e molti non se ne sono accorti ! Un Parlamento illegittimo che continua con le cessioni di SOVRANITA’, viola ogni principio di rappresentatività democratica!Quando si parlerà di questi giorni , la storia sarà veramente dura. I partiti all’opposizione , la magistratura devono fare qualcosa ! Questo governo , che non è assolutamente nuovo come  dicono , perché  identico a quello precedente  , porta avanti le  riforme di Renzi  , nonostante la sovranità popolare riscattata dal risultato del referendum  Questo  parlamento illegittimo ,qualcosa di inaudita gravità , viola il principio di rappresentatività democratica e continua a studiare una legge elettorale che abbia come unico scopo esclusivo quello di riuscire a mantenere al governo una minoranza che non ha più potere.Tutti quelli che sono lì , compreso i due presidenti Napolitano e Mattarella , che fanno gli interessi della finanza internazionale ,  vanno messi in stato di accusa , tradimento alla costituzione , allo stato , agli italiani , all’Italia . Mettiamocelo bene in testa ….è in corso un evidente, conclamato gravissimo colpo di stato!

Per favore guardate e diffondete il link ,forse possiamo ancora fare qualcosa  ……

https://www.facebook.com/studiolegalemarcomori/videos/1834343396847937/

Vi ripropongo una lettera inviata a Mattarella alcuni mesi fa…

perché non possa dire che tradiva l’Italia solo per ignoranza… Mattarella sa bene ciò che fa…

http://www.studiolegalemarcomori.it/lettera-aperta-al-presidente-della-repubblica-presidente-perche-tradisce-litalia-ed-il-suo-popolo/

 

Come si forma un governo in Italia

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Un po’ per prenderne atto, un po’ per divulgare  a prenderne coscienza riporto quello che stamattina ho trovato sui social network più diffusi

Il governo Gentiloni sarà il “quarto governo non eletto dai cittadini”?

Dal punto di vista costituzionale la risposta è semplice, dal punto di vista politico un po’ meno

Uno degli argomenti più discussi e popolari nella politica italiana – complici soprattutto alcuni partiti e giornali – è quello del “governo non eletto dai cittadini”: l’idea che i governi italiani degli ultimi anni, prima ancora che promotori di riforme sensate o insensate, siano illegittimi perché non eletti dai cittadini. Ora che si avvicina la formazione di un nuovo governo guidato da Paolo Gentiloni, si sente parlare di “quarto governo non eletto dai cittadini”, dove gli altri tre sarebbero quelli guidati da Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi. Tecnicamente, è falso: da quando esiste la Repubblica italiana nessun governo è mai stato “eletto dai cittadini”, e i governi Monti, Letta e Renzi sono nati esattamente come le decine che li hanno preceduti. Si tratta insomma di governi pienamente legittimi. Politicamente, però, c’è qualche sfumatura in più.

http://www.fanpage.it/live/renzi-si-e-dimesso-oggi-alle-18-iniziano-le-consultazioni/50/

Cosa dice la Costituzione
L’Italia è una Repubblica parlamentare. Vuol dire che (articolo 1) «la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione» e che quelle forme e quei limiti si traducono innanzitutto nell’elezione dei membri del Parlamento. Gli italiani alle elezioni scelgono il Parlamento, non il governo: e sempre la Costituzione prevede poi che i rappresentanti dei cittadini eletti in Parlamento abbiano il potere di prendere autonomamente una serie di decisioni, tra cui decidere se votare o no la fiducia a un governo.

Questo vuol dire che non sono mai esistiti, in Italia, “governi eletti dai cittadini”. Subito dopo un’elezione politica o una crisi di governo, il presidente della Repubblica sente i rappresentanti dei gruppi parlamentari, cioè gli interpreti della volontà popolare perché eletti dai cittadini, per capire chi possa guidare un governo in grado di avere la fiducia della maggioranza dei parlamentari. Quando pensa di aver trovato quella persona, gli affida l’incarico di formare un governo. La persona in questione, che a quel punto è il presidente del Consiglio incaricato, per prassi accetta “con riserva”: cioè si riserva di sentire anche lui i gruppi parlamentari per capire a che condizioni può ottenere la fiducia. È il Parlamento, quindi, a dare un mandato politico al governo e a chi lo guida; ed è il presidente della Repubblica a nominare il governo sulla base delle intenzioni del Parlamento.Concluse le sue consultazioni, infatti, se il presidente del Consiglio incaricato crede di poter ottenere la fiducia in Parlamento, torna dal presidente della Repubblica e scioglie la riserva: a quel punto presenterà al presidente della Repubblica una lista di ministri e sottosegretari e poi andrà in Parlamento per chiederne la fiducia. Tutto questo perché, come dice l’articolo 92 della Costituzione, «il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Tutti i governi italiani sono nati cosi.

Politicamente, però, le cose sono un po’ più complicate.

Da dove nasce allora questo equivoco?
Innanzitutto il concetto di “volontà popolare” andrebbe maneggiato con cura, per due ragioni.

La prima è che la “volontà popolare” cambia in continuazione, ogni settimana, ogni mese, mentre il Parlamento una volta eletto resta in carica per cinque anni. Per quanto pienamente legittimo a esercitare le sue funzioni, si può sostenere che un Parlamento appena eletto e il governo che sceglierà col voto di fiducia rispecchino più fedelmente la “volontà popolare” rispetto a un Parlamento e un governo arrivati o nati al quarto anno di legislatura: la “volontà popolare” probabilmente nel frattempo sarà cambiata.

La seconda è che quasi qualsiasi modo si scelga per tradurre i voti dei cittadini in seggi parlamentari – maggioritario o proporzionale, con o senza soglie di sbarramento, premi di maggioranza, dimensioni dei collegi, preferenze o liste – esercita una qualche distorsione. Il metodo che fornisce una rappresentazione parlamentare più vicina possibile alla volontà popolare è il proporzionale puro su base nazionale, che però – ci arriviamo – è anche quello che più facilmente produce governi percepiti come “non eletti dei cittadini”, per quanto costituzionalmente legittimi.

Il proporzionale puro è stato il sistema in vigore in Italia nel corso della cosiddetta Prima Repubblica: subito dopo le elezioni, sulla base del risultato del voto, i partiti cercavano di capire se e come potevano coalizzarsi per formare un’alleanza che potesse controllare almeno il 51 per cento dei seggi. Dato che è molto difficile che un partito ottenga da solo il 51 per cento dei voti e dei seggi, i partiti facevano delle trattative che riguardavano sia il programma di governo che le persone che avrebbero dovuto guidarlo e comporlo. Sulla base della situazione parlamentare e di queste trattative, il presidente della Repubblica sceglieva poi la persona che i partiti gli avevano indicato come quella in grado di guidare un governo in grado di avere la fiducia del Parlamento. Si potevano fare delle ipotesi, ma nessuno sapeva con certezza prima delle elezioni chi avrebbe guidato il governo in caso di vittoria di questo o quel partito: le cose sono cambiate negli anni Novanta.

Una nuova legge elettorale non più proporzionale (il “Mattarellum“), la nascita di Forza Italia e di un centrosinistra non comunista, negli anni Novanta hanno cambiato la situazione: l’Italia è rimasta una Repubblica parlamentare, ma sono nate due coalizioni – il centrodestra e il centrosinistra – che nel presentarsi agli elettori gli hanno promesso anche chi sarebbe stato il capo del governo nel caso di una loro vittoria. Nel 1994 sarebbero stati Silvio Berlusconi e Achille Occhetto, nel 1996 Silvio Berlusconi e Romano Prodi, nel 2001 Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli, nel 2006 di nuovo Silvio Berlusconi e Romano Prodi, nel 2008 Silvio Berlusconi e Walter Veltroni. Durante la campagna elettorale i partiti enfatizzavano la propaganda attorno al loro candidato premier, mettendo il suo faccione nei manifesti elettorali e il suo nome nei simboli che gli elettori trovavano sulla scheda elettorale (“Berlusconi presidente”, per esempio). Dal 2006, poi, una nuova elettorale – il cosiddetto “Porcellum” – ha previsto addirittura che partiti e coalizioni indicassero formalmente “il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica”. Il centrosinistra, poi, ha organizzato negli anni delle elezioni primarie per scegliere il suo candidato alla presidenza del Consiglio: nel 2006 le vinse Romano Prodi, nel 2013 le vinse Pier Luigi Bersani.

Insomma, al di là di quello che dicesse la Costituzione, le leggi elettorali e i partiti hanno detto espressamente ai cittadini che alle elezioni avrebbero potuto scegliere sia la composizione del Parlamento che il capo del governo.

La discussione di questi anni, quindi
Gli argomenti sul “quarto governo non eletto dai cittadini” non hanno quindi nessun fondamento costituzionale, ma hanno qualche fondamento dal punto di vista politico.

Restando a questa legislatura, la prima obiezione è che né Enrico Letta né Matteo Renzi né Paolo Gentiloni erano stati presentati nel 2013 agli elettori come candidati alla presidenza del Consiglio, e che la coalizione in Parlamento che ha sostenuto e sosterrà quei governi non è espressione della volontà degli elettori: non esisteva nemmeno, alle elezioni. Nel 2013 gli elettori italiani votarono principalmente per tre liste o coalizioni: una con a capo Silvio Berlusconi, una con a capo Pier Luigi Bersani e una con a capo Beppe Grillo. In quanto capo della coalizione di maggioranza relativa, Bersani ricevette l’incarico di formare un governo ma non ci riuscì; il presidente della Repubblica quindi verificò l’esistenza di una maggioranza parlamentare che non coincideva con le coalizioni presentate agli elettori, e così nacquero i governi Letta (sostenuto prima da PD e Popolo delle Libertà, poi da PD e NCD) e Renzi (sostenuto da PD e NCD). Lo stesso varrà per il governo Gentiloni, che sarà sostenuto da PD e NCD: due partiti che alle elezioni del 2013 si erano presentati come avversari, e anzi uno alle elezioni del 2013 non esisteva nemmeno.

La seconda obiezione è quella per cui questo Parlamento non è legittimato a formare maggioranze, e sostenere questo o quel governo, perché nel frattempo una sentenza della Corte Costituzionale ha giudicato incostituzionale la legge con cui è stato eletto, il cosiddetto “Porcellum”. La stessa Corte Costituzionale però in quella sentenza ha specificato che «le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali». Insomma, per quanto eletto con una legge incostituzionale, questo Parlamento ha la legittimità costituzionale di esercitare tutte le sue funzioni. «Le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare», ha aggiunto la Corte, spiegando ancheche «il parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali».

Di nuovo, quindi: dal punto di vista costituzionale, il Parlamento in carica oggi è pienamente legittimo nell’esercitare i suoi poteri, compreso quello di dare la fiducia a un governo. Dal punto di vista politico non esistono risposte definitive, e le cose sono complicate e destinate a essere discusse a lungo: l’attuale “tripolarismo” della politica italiana, in cui tre partiti o coalizioni si spartiscono la maggioranza dei voti, fa sì che probabilmente anche dopo le prossime elezioni nessuno ottenga da solo la maggioranza assoluta, e che quindi debbano nascere in Parlamento alleanze e coalizioni diverse da quelle che erano state presentate agli elettori. L’Italicum nasceva anche per risolvere questa esigenza, con una forzatura: dando la maggioranza assoluta dei seggi al partito che avrebbe ottenuto più del 40 per cento dei voti o che avrebbe vinto un ballottaggio. Anche per questo però è stata molto contestata e potrebbe essere giudicata incostituzionale alla fine di gennaio.