“HO VISTO UN UOMO
Ho visto un Uomo
vestito di bianco
e stanco
sotto la pioggia battente
e il vento freddo
salire lento
verso l’altare
carico di dolore
di sofferenza
ma anche di speranza.
Ho visto un Uomo anziano zoppicante fare le tante scale con sulle sue spalle tutto il dolore del mondo.
Ho visto un Uomo concentrato nel suo silenzio fremente nella sua preghiera chiedere il perdono di tutti i peccati degli uomini e la loro Salvezza.
Ho visto un Uomo, uomo fra gli uomini, innalzarsi su tutti e pregare per tutti.
Ho visto un Uomo dire “nessuno si salva da solo” perché non siamo soli se crediamo in Dio e nella sua Salvezza.
Ho visto un Uomo che, con tutti gli altri uomini del mondo, si salverà perché ha creduto e crederà per sempre.🙏“
Grande rispetto per chi crede e prega, ma anche per chi non crede ed è religioso a modo suo (la ricerca di un senso della vita). Meno stima per chi non ricerca e non rispetta.
Quanti giorni ancora dovranno passare prima di tornare alle nostre abitudini quotidiane?Usciremo salvi da questa tremenda situazione? Possibile che non si era mai neanche lontanamente pensato ad una tale pandemia? Impreparati e inadeguati a qualsiasi soluzione , non ci rimane altro che stare rinchiusi nelle proprie abitazioni .Per isolare i contagi o solamente per ritardarli? Sono molto preoccupata, un tale evento non si era mai visto.Quale futuro se futuro ci sarà si prospetta?
La grande scultura del Guerriero Nuragico è ancora in fase di realizzazione, presso il Comune di Capoterra ,ma già suscita grande interesse nella comunità locale e non solo. Tantissimi gli elogi agli scultori : Barbara Ardau , Ignazio Cappai , Gianfranco Littarru , Jennie Baila, Mimmo Domenico Di Caterino, Francesco Dessi, Antonello Pilitti .Centinaia gli astanti curiosi e divertiti , che in questi mesi si fermano , si avvicinano , arrivano di proposito o anche solo di passaggio. Tante domande e tanta voglia di confrontarsi e sentiere le parole degli scultori all’opera. Tra il suono degli scalpelli e il fruscio del vento, si assiste alla nascita di questa scultura . Notevole anche la curiosità per lo sguardo del Guerriero, rivolto verso La Maddalena Spiaggia….nei suoi occhi , infatti apparentemente distaccati e sbarrati , si legge lo spirito protettivo di un grande padre nei confronti degli abitanti, che allontana tutte le malvagità, servendosi dello sguardo e del suo potente scudo . Ad onor del vero già , come nelle sculture sacre di tutti i tempi , il pubblico si spinge a toccarlo, percepisce anche in maniera inconsapevole , non solo la sua funzione apotropaica , ma la consapevolezza di ottenere aiuto e sostegno .
Nei dipinti in basso Mimmo Domenico Di Caterino racconta simpaticamente la storia degli occhi del Gigante Nuragico
Ho perso più di un fratello;
ho perso un compagno di formazione;
ho perso un compagno di strada che conosceva la strada;
ho perso un compagno di lotta;
ho perso un frammento d’ideale comune;
ho perso una connessione col tempo;
ho perso una connessione con la mia memoria;
ho perso un pezzo della mia terra;
ho perso un pezzo della mia storia;
ho perso un pezzo della mia ricerca;
ho perso un mio riflesso;
ho perso un pezzo di me in relazione con gli altri;
ho perso chi poteva parlare per me;
ho perso chi poteva rispondere per me;
ho perso chi poteva naturalmente interpretare e comprendere i miei pensieri, non perché fossero i suoi, ma perché li capiva in quanto miei;
ho perso chi è stato sempre al mio fianco;
ho perso chi mi è stato sempre vicino e non ha mai giudicato e sempre compreso;
ho perso chi sapeva che il dialogo è fatto anche di silenzi e la parola soltanto uno spazio per sentirli;
ho perso chi riusciva a comunicare a me anche con altre vie;
ma questa volta qualcosa deve non avere funzionato,
il messaggio non è pervenuto, forse ero distratto e forse l’isola ti isola e ti disconnette dalla percezione del tempo che altrove scorre più veloce;
ho perso un alter ego, un’energia, una connessione col tempo, con lo spazio, con il linguaggio, con la percezione del presente;
ho perso consapevolezza d’essere custodita nell’altro,
ho perso un altro me.
Scrivo ho perso, in realtà abbiamo perso tutti, abbiamo perso tutti qualcosa di prezioso;
se questo fosse un mondo giusto, un sistema culturale giusto, un sistema che premia il talento (invece che tutte quelle stronzate che chiamano merito e professionalità), in questo momento si dovrebbero chiudere tutti gli eventi culturali e le esposizioni d’arte che celebrano l’effimero nulla;
l’Accademia di Belle Arti di Napoli dovrebbe chiudere per un giorno e con lei tutte le Accademie del mondo;
quando scompare un artista così, scompare un patrimonio dell’umanità, dovrebbero saperlo tutti, ricordarlo tutti e piangerlo tutti;
il suo valore dovrebbero riconoscerlo tutti, anche i suoi emulatori e imitatori, anche chi sulla sua ricerca costruiva il suo profilo professionale e conquistava cattedre Accademiche, facile fare gli artisti con le ricerche fatte del sangue degli altri;
niente era importante per lui quanto la sua dimensione artistica e quella era soltanto sua e nessuno potrà mai portargliela via;
nessuno potrà dire nel nome del suo mercato di essere arrivato prima di lui, non è vero, è un falso storico;
nessuno dovrà mai offenderne l’opera e l’operato, perché il suo lavoro è la Storia dell’Arte, la mia generazione è Gennaro Cilento tutto il resto sono stronzate da operette che non hanno niente a che vedere con la vita reale, con la reale anima dei luoghi, dei miei luoghi, di Napoli, della Sanità che resiste a tutto e si adatta a tutto.
Abbiamo perso qualcosa d’importante da continuare a difendere per sempre e chi non l’ha visto e/o compreso se ne può andare allegramente affanculo per quanto mi riguarda, da qui all’eternità, mi manchi Gennaro Cilento, mi è esploso l’inferno dentro, vorrei chiederti di tornare subito, prima che puoi, quando vuoi, ma torna…
A partire dal XIII sec., sul finire del Medioevo, l’arte e l’architettura italiane conobbero la rapida ed esponenziale evoluzione che fece da preludio al Rinascimento. Napoli incominciò questo percorso principalmente grazie a Tino di Camaino, architetto e scultore senese, ritenuto uno degli artisti migliori del suo tempo.
Figlio dello scultore Camaino di Crescentino, nacque a Siena intorno al 1280. Sicuramente venne sin da subito educato ed istruito per continuare il lavoro del padre ed, infatti, si formò, sempre a Siena, nella bottega di Giovanni Pisano. In quel periodo, fra il 1284 ed il 1297, Pisano lavorava alle statue della facciata del duomo: una commissione importantissima che possiamo ammirare ancora oggi e che sicuramente avrà aiutato la formazione del giovane apprendista.
Terminato l’apprendistato, Tino si recò a Pisa dove realizzò le sue prime opere. Nella maggior parte di queste erano particolarmente ispirate ai lavori del maestro Pisano, come la fonte battesimale e la tomba di Arrigo VII, entrambe nel duomo. Nel 1315 il giovane tornò nella città natale, dove, due anni dopo, realizzò nel duomo la tomba del cardinale Petroni, l’opera più elaborata del suo periodo giovanile. In seguito lavorò a Firenze, dove gli vennero commissionati numerosi monumenti funebri per figure di spicco.
I suoi lavori non passarono inosservati, soprattutto nelle corti nobiliari dell’epoca. Così, nel 1323, venne chiamato a Napoli per realizzare alcuni dei monumenti più importanti, ancora oggi, della città. Su suo progetto vennero realizzate la Certosa di San Martino e Castel Sant’Elmo. Inoltre, come ingegnere curò l’ampliamento dell’arsenale e del porto e molte sue sculture adornano il duomo.
Non mancarono, ovviamente, i monumenti funebri come la tomba di Caterina d’Austria in San Lorenzo Maggiore e quella di Maria di Ungheria in Santa Maria Donnaregina. Le sue opere più importanti, di questo genere, furono le tombe di Carlo di Calabria e di Maria di Valois, ancora oggi ammirabili nella Basilica di Santa Chiara. Le sculture di Tino, l’eleganza delle strutture, la ricercatezza sin nei minimi particolari rese le opere napoletane esempi a cui si ispirò l’intera arte gotica dell’Italia Meridionale.
Tino di Camaino trascorse il resto della sua vita a Napoli, dove, infatti, morì intorno al 1337. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi dichiarò che per le sue opere napoletane, l’artista senese poteva essere considerato il “Giotto della Scultura”per l’innovazione e lo slancio che riuscì a dare alla sua disciplina.